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  • 20-04-2009

    JONA LOMU PER TRI


    579Jonah Lomu in esclusiva per italiatouch.it
    news.pngDurante la registrazione dello Speciale “Due Giorni con Jonah Lomu” per Sport Italia, Luca Tramontin ha approfittato per fare con Jonah un’intervista-chiacchierata sul Touch.

    In attesa dell’inizio della stagione, TRI grazie a Luca Tramontin approfitta per riportare il pensiero di Jona sul touch. E’ la prima di una serie di interviste a personaggi famosi dell’ovale che accompagneranno il countdown al Campionato Italiano di Touch, la prossima intervista sarà a Dennis Coffey, ovvero Mister Touch in Australia.
    Attenzione, non è detto che in qualcuna delle tappe non vi sia qualche clamorosa sorpresa o qualche ospite davvero speciale!

    Luca: Ti piace il touch?

    Jonah. E’ stato importante, soprattutto all’inizio, correre sull’avversario è un opzione, correre sugli spazi però è altrettanto importante. Certo non era la mia specialità (si sganassa), la corsa sugli intervalli tra giocatori la sviluppi in buona parte con il touch.

    Luca: A che età bisogna smettere di giocare?

    Jonah. Alla tua età. (e sganassa). No, io ho amici intorno ai cinquant’anni che giocano dell’ottimo rugby a livello di club, altri che passano al touch e prolungano fino a chissà quando.

    Luca: Ho tre dita e 42 anni, smetto?

    Mi da uno spintone.

    Luca: Il limite di età quindi?

    Jonah. No, non esiste e non deve esistere. Anch’io ho dovuto ritirarmi ad un certo punto, sono tornato quando era ora, non prima ne dopo.
    Non credo basti il cosiddetto spirito, uno deve allenarsi, prepararsi, essere conscio della sua condizione, a 100 anni come a 20. Se avere lo spirito significa prepararsi, allenarsi e alimentarsi bene, allora ok, basta lo spirito. Si tratta di capirsi.

    Luca: Il touch è una forma di rugby o uno sport a parte?

    Jonah. Non mi pongo il problema. E’ importante definirlo? Io sono stato “spostato” dalla mia famiglia più volte, Tonga, Nuova Zelanda, ancora Tonga e avanti e indietro.
    Nelle isole si gioca per strada o nei prati con regole approssimative. Sono quelle del League? Del touch? Una via di mezzo? Non lo so.
    In Nuova Zelanda si usa spesso in riscaldamento, nelle isole per passare il tempo. Il touch lo vivi come vuoi. Nei posti dove c’è meno tradizione è un ottimo veicolo per iniziare, metti che non ci sia un campo buono per il rugby o che la gente sia scettica.

    Luca: Il touch è più parente del League che a te piace da bestia che non del rugby Union.

    Jonah. Si, in effetti si. Hai visto la finale? (la Nuova Zelanda ha vinto la coppa del mondo per la prima volta nella sua storia battendo l’Australia in finale, N.D.R.).
    Sull’ultima meta ho fatto un salto sul letto, ma pesando 250 libbre lo ho rotto, ho dovuto avvisare la reception dell’albergo.
    Union, League, Touch, va bene tutto. Laurie Mains (allenatore NeoZelandese N.D.R.) mi ha scovato tramite il Rugby Seven.

    Luca. Non sei stufo di firmare autografi?

    Jonah: No. Mi costa mediamente dagli otto ai venti secondi. E magari “faccio la giornata” di qualcuno.
    Ecco, ho un messaggio nel telefono, forse abbiamo una palestra per ‘sta sera.

    L’intervista è liberamente utilizzabile citando la fonte “Esclusiva di Luca Tramontin per www.italiatouch.it”